Tecnologia

Piccoli cubi auto-assemblanti

Piccoli cubi auto-assemblanti

Elia Magrinelli

Ottobre 9th, 2016

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Daniela Rus, professoressa di robotica al MIT (Massachussets Institute of Technology) si occupa di sviluppare robot in grado di assemblarsi e riconfigurarsi autonomamente. Si tratta di robot modulari capaci di modificare la loro geometria in base all’obiettivo che devono compiere. La maggior parte dei robot svolgono una sola mansione e sono quindi progettati per quella sola mansione. Pertanto la loro performance nella mansione per cui è progettato è molto alta, ma non lo è in mansioni diverse, oppure nella stessa mansione in un ambiente diverso. Se non fossimo in grado di sapere che cosa dovrà fare il robot e dove lo dovrà fare, l’idea di creare un robot modulare diventa molto più interessante. Questi possono infatti ottenere qualsiasi forma necessaria alla mansione che dovono svolgere, nonchè ad effettuare diversi movimenti e misurazioni. Gli m-block sono robot modulari sviluppati per cercare di risolvere simili problemi, questo video del MIT ci spiega come funzionano e come sono stati ideati.

Molti dei robot modulari utilizzano attuatori e motori che mettono in moto appendici in grado di muovere i singoli moduli. John Romnishin spiega come con gli m-block abbiano invece cercato un approccio più semplice che utilizza meno attuatori, meno parti mobili e che sia più facile da attuare in diversi moduli. L’approccio scelto è quello del momento angolare: una massa viene fatta ruotare all’interno del robot, ad alta velocità, quando poi si vuole fare spostare il robot, la rotazione viene arrestata bruscamente. In questo modo, il moto viene trasferito dalla massa in rotazione, al robot stesso. Il fatto che la massa in rotazione sia totalmente all’interno del robot una caratteristica unica nel suo genere, che consente al robot di non avere restrizioni sulla posizione iniziale necessaria per iniziare il movimento. Questa caratteristica consente un numero elevato di movimenti possibili con un singolo attuatore.

Kyle Gilpin, spiega inoltre che sono state due le maggiori sfide nella progettazione degli m-block. Una è stata quella di incastrare tutte le componenti all’interno del robot: in un piccolo volume dovevano riuscire a metterci un controllore di moto, un volano, un sistema di frenaggio, le componenti elettroniche, una radio ed una batteria. Quindi è stato necessario semplificare il più possibile il progetto e renderlo quanto più stabile. L’obiettivo era quello di evitare alcuna parte esterna mobile, chiusure a scatto e parte che modificasse la loro forma, al fine di ottenere semplici blocchi cubici in grado di muoversi da soli.

Una delle parti più importanti di questi robot sono i magneti esterni. Si possono distinguere due tipi di magneti: i magneti delle facce del cubo, 8 per superficie, che consentono ai cubi di allinearsi con precisione. Ci sono poi i magneti dei bordi, in grado di ruotare liberamente. All’inizio della rotazione di un cubo su di un altro i magneti dei bordi si avvicinano e creano un legame forte tra i due cubi. La rotazione può così continuare fino a quando i magneti delle superfici ristabiliscono un contatto consolidando i due blocchi in una nuova configurazione.

Un’ulteriore vantaggio dell’avere un attuatore interno è che gli m-blocks sono in grado di saltare, caratteristica che pochi altri robot modulari possiedono. Saltare è un’attività che richiede molta energia in un arco di tempo limitato, la maggior parte dei robot sono invece progettati per il controllo, la stabilità e la precisione del movimento. Questa capacità non era stata programmata fin dall’inizio ed è stata scoperta per caso durante la progettazione. Può tuttavia essere sfruttata dai robot per raggiungere conformazioni in modi altrimenti impossibili senza questa capacità. Al momento i comandi dei movimenti vengono mandati ai robot direttamente dai computer attraverso un sistema wireless, come il wi-fi. La sfida è quella di mettere algoritmi direttamente nei robot, così che possano autonomamente decidere come, dove e quando muoversi. In questa configurazione sarebbe possibile dare ai robot una generica istruzione di unirsi in una certa forma e lasciare che loro stessi decidano il modo migliore per raggiungere quel risultato.

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